Gli archivi conservano la storia dei luoghi che rappresentano. Atti di nascita, tasse, possesso di beni, pratiche edilizie, … A prima vista potrebbero sembrare documenti poco interessanti, eppure, esaminandone bene il contenuto, è possibile ricavarne vicende interessanti.
Nell’ormai lontano 2007, il Museo ha voluto scrutare a fondo nell’archivio storico del Comune di Usseglio e da questa esplorazione è nata una mostra temporanea. Di seguito è riportata una curiosa storia che narra di crimini in un remoto paese di montagna.
Usseglio, primi giorni di marzo del 1775. Nei pressi della borgata Piazzette il torrente Stura (per gli ussegliesi la Chiara) appare stranamente povero di acque, quasi asciutto. Non siamo in tempi di siccità, come quelli che stiamo vivendo adesso: che cosa è successo?
Qualcuno ha costruito una muraglia di pietre che attraversa il corso d'acqua per tutta la larghezza: un primo sbarramento è seguito, alla distanza di “trabuchi venti circa” (61.6 metri) da un altro muro di “piccole pietre ed arena con motta”, cioè sassi, sabbia e zolle di terra. Entrambi i muri servono a deviare l'acqua dal letto del fiume e a condurla a perdersi in un'area ghiaiosa, così che il fiume “viene ad intieramente assiugarsi”. Poco più avanti, la poca acqua che ancora defluisce dalle dighe è obbligata a scorrere attraverso un “cesto in forma bislunga”: forse una sorta di rustica trappola all'interno del quale restano dei pesci.
Eccoli, dunque: sono loro, i pesci, l'obiettivo della complessa costruzione che devia le acque! Opera senza dubbio di pescatori di frodo, soliti usare questi mezzi per garantirsi una pesca facile e abbondante. Tanto più facile e abbondante in quanto quei pescatori hanno pure gettato nel torrente una certa quantità di calce viva che ha reso l’acqua “tutta torbida e di collor bianco”. La calce infatti è usata come veleno che ustiona le branchie dei pesci tramortendoli o uccidendoli.
Un tale sconvolgimento nel principale corso d'acqua della valle non può però passare inosservato. Anzi, c'è una persona che si fa carico di renderne informata l'autorità giudiziaria locale, il podestà Giovanni Tomaso Buffo. II podestà giudica il fatto non solo dannoso per la comunità, ma soprattutto contrario ai divieti delle Regie Costituzioni. Infatti, scorrendo il testo delle disposizioni intorno al “modo e conservazione della pesca” emanate dal re Carlo Emanuele III di Savoia nel 1770, sembra che questi pescatori di frodo ce l'abbiano messa tutta per infrangere le regole una per una: il divieto di “gettare nelle acque veleno, calcina o altra pasta pregiudiziale ai pesci”, cosi come la proibizione di intervenire sulle acque con “veruna opera manofatta di storte, chiuse, ficche, pietrere [...] con le quali si asciugasse [...] o si divertisse [deviasse] il corso naturale delle acque suddette”.
Il podestà si sente quindi in dovere di organizzare un'autorevole spedizione insieme al sindaco Giovanni Battista Cibrario, facente anche funzione di “procuratore fiscales”. Sul luogo del misfatto, tutto pare rispondere perfettamente a verità; anzi, i rappresentanti dello Stato colgono pure all'opera quattro pescatori abusivi che si rivelano essere... abitanti di Usseglio! I loro nomi sono quindi messi a verbale, nonostante un maldestro tentativo di nascondersi fra i cespugli. I trasgressori sono: Costanzo fu Giovanni Battista Cibrario, Giuseppe fu Michele Antonio Ferro Milone, Giuseppe fu Giovanni Borla e Giacomo fu Battista Costa. Quest’ultimo, inoltre, decide di regolare i conti con il suo sindaco compaesano: dapprima lo aggredisce a parole, ma poi passa senz'altro alle bastonate in testa e alle minacce di “servirlo meglio” al prossimo incontro.
La questione si inasprisce ancora nella serata di quello stesso 16 marzo, quando, in presenza del podestà e del prevosto di Usseglio, il “Signor flebotomista Cebrario” interviene pubblicamente a fianco dei quattro contravventori e dichiara di voler “piegare con il piombos” i presunti delatori delle loro malefatte. Il podestà a sua volta reagisce raccogliendo la testimonianza giurata di Vincenzo Costa, un sarto ventiduenne che conferma il fatto delle storte e della calce.
Questo testa a testa rappresenta una prova di forza tra l'autorità e un signorotto che vuole sottrarsi alle regole, spalleggiato da un gruppo di bravi? Oppure si tratta di un episodio di ribellismo che ha buone probabilità di successo in un territorio molto lontano dal potere centrale?
Sta di fatto che al sindaco, preoccupato da tali intimidazioni, non resta che fare ricorso all'Avvocato Fiscale della Provincia. Nell’esposto egli dichiara di “non poter più oltre continuare nell'impiego suo” e chiede un intervento all'autorità superiore perché «ponga freno a coloro dai quali “gli vien fatti insulti”. Non sappiamo però, dai soli documenti conservati, se siano mai state prese le auspicate misure.
Nel riquadro sottostante è riportata la denuncia del Sindaco di Usseglio all'Avvocato Fiscale della Provincia. Le parole tra parentesi quadre [esempio] descrivono il significato delle abbreviazioni.